Una revisione sistematica della letteratura sull’incidenza, la severità e la durata delle reazioni di astinenza da sospensione degli antidepressivi: le linee guida sono basate sulle evidenze scientifiche disponibili?

A systematic review into the incidence, severity and duration of antidepressant withdrawal effects: Are guidelines evidence-based? Davies J., Read J. Addictive Behaviors. 2019 Oct;97:111-121. doi: 10.1016/j.addbeh.2018.08.027 Traduzione a cura di Lorenzo Torielli e Giuseppe Tibaldi

ABSTRACT

Introduzione: Le attuali linee guida del NICE e dell’APA indicano che le reazioni derivanti dalla sospensione di antidepressivi tendono ad estinguersi spontaneamente, tipicamente in 1-2 settimane. Questa revisione sistematica ha lo scopo di verificare la fondatezza di questa affermazione.

Metodi: è stata intrapresa una revisione sistematica della letteratura per accertare l’incidenza, la severità e la durata delle reazioni astinenziali da sospensione di antidepressivi. Sono stati identificati 24 studi rilevanti, caratterizzati da diverse metodologie e da diverse dimensioni del campione.

Risultati: Il tasso di incidenza di queste reazioni calcolato su 14 studi variava dal 27% all’87%, con una media ponderata del 56%. In 4 studi, con campioni numerosi, sulla severità (in cui era richiesto ai pazienti che andavano incontro ad effetti di astinenza da antidepressivi di valutare quanto questi fossero intensi), il 46% di loro ha scelto il punteggio massimo prresente nel questionario. Sette dei 10 studi che hanno valutato la durata della sindrome contraddicono le linee guida UK e USA in quanto mettono in evidenza che una significativa proporzione delle persone presenta una reazione di astinenza per ben più di due settimane, e non è raro che possa durare svariati mesi. I risultati degli unici 4 studi che calcolano la durata media erano, per popolazioni eterogenee, 5 giorni, 10 giorni, 43 giorni e 79 settimane.
Conclusione: raccomandiamo un urgente aggiornamento delle linee guida UK e USA sulla sindrome di astinenza da sospensione di antidepressivi in quanto sono in chiaro contrasto con la reale incidenza, severità e durata della sindrome e perchè probabilmente portano ad un mancato riconoscimento della stessa e al conseguente protrarsi dell’utilizzo dell’antidepressivo, oltre che a molte prescrizioni inutili di antidepressivi, con un aumento complessivo dei tassi di prescrizione di questi farmaci. Raccomandiamo inoltre che i medici che li prescrivono informino i propri pazienti riguardo alla possibile insorgenza dei fenomeni astinenziali da sospensione.

 

1 .  INTRODUZIONE

Gli antidepressivi sono una delle classi di farmaci più comunemente usata negli USA e in UK, con un continuo aumento, di anno in anno, sia delle prescrizioni che della durata del loro utilizzo. In UK il loro utilizzo è aumentato del 170% dal 2000, con oltre 7 milioni di adulti (il 16% dell’intera popolazione) a cui è stato prescritto un antidepressivo nell’ultimo anno (2016-17) [DHSC, 2018], con un numero complessivo di prescrizioni che ha raggiunto il tetto di 65 milioni in un anno [NHS Digital, 2017]. In aggiunta, circa la metà di coloro che assumono antidepressivi (approssimativamente 3,5 milioni di persone, l’8% della popolazione inglese) li ha assunti per più di due anni [Johnson et al., 2012]. Negli USA quasi l’8% della popolazione con età superiore ai 12 anni ha assunto antidepressivi in un dato mese nel periodo compreso tra il 1999 e il 2002: con un successivo aumento, fino a quasi il 13% (ovvero 37 milioni di adulti), nel periodo compreso tra il 2011 e il 2014 [CDCP, 2017].

Circa la metà dei pazienti in trattamento con antidepressivi in USA li ha assunti per un periodo di 5 anni (18 milioni di persone, il 7% dell’intera popolazione) [Mojtabai & Olfson, 2014].

Un questionario online su un campione di utilizzatori di antidepressivi in UK ha messo in luce che il 36% delle persone li stava assumendo da almeno 5 anni e che il 26% del campione prevedeva di continuare ad assumerli per tutta la vita[Read, Gee, Diggle, & Butler, 2018]. In aggiunta, la durata media di assunzione è più che raddoppiata dalla metà degli anni 2000 sia in UK [NHS Digital, 2017] sia negli USA [Mojtabai & Olfson, 2014].

Precedenti ricerche sul loro utilizzo a lungo termine hanno stimato che, per un terzo delle persone che assumono antidepressivi per più di due anni in UK, non ci sono le necessarie indicazioni cliniche basate sull’evidenza per continuare ad assumerli [Cruickshank, MacGillivray, & Bruce, 2008]. Simili livelli di inutili prescrizioni a lungo termine sono emersi in altri contesti, ad di fuori del Regno Unito [Ambresin et al., 2015, Eveleigh et al., 2014, Eveleigh, 2015]. Se applichiamo queste percentuali di prescrizioni non necessarie ai dati sull’uso a lungo termine di questi farmaci, possiamo ricavare una stima che si aggira intorno ai 1,2 milioni in UK e 6 milioni in USA di persone che stanno assumendo antidepressivi senza vera indicazione clinica e che, per questo, potrebbero provare a sospenderli. Come già indicato da una precedente revisione, si è a conoscenza, da tempo, del fatto che gli antidepressivi inducono sintomi di astinenza, alla sospensione, in una elevata percentuale di persone che li assumono [Haddad 1997]. Mentre in alcune persone questa reazione può essere di lieve intensità, di breve durata e gestibile, grazie a rassicurazioni e chiarimenti [Haddad 1997], in altre persone – anche se sospendono gradualmente il farmaco – queste reazioni sono gravi, durano a lungo e possono interferire radicalmente con il normale funzionamento dell’individuo [Anon 1999].
Tra i sintomi tipici della sindrome da sospensione rientrano l’aumento dell’ansia, i sintomi simil influenzali, l’insonnia, la nausea, i problemi di equilibrio, i disturbi sensoriali e l’iperattività. Sono anche stati segnalatee  lvertigini, le sensazioni di shock elettrico, gli “zap” cerebrali, la diarrea, l’emicrania, i tremori e gli spasmi muscolari, l’agitazione, le allucinazioni, la confusione, il senso di malessere, l’ipersudorazione e l’irritabilità [Warner, Bobo, Warner, Reid, & Rachal, 2006, Healy, 2012]. Nonostante quelli appena citati siano i sintomi fisici più frequenti, ci sono anche evidenze a sostegno del fatto che interrompere gli antidepressivi può indurre mania o ipomania [Goldstein et al., 1999; Naryan & Haddad, 2011], appiattimento emotivo e inabilità a piangere [Holguin-Lew & Bell, 2013] oltre che disfunzioni sessuali a lungo termine, o addirittura permanenti [Csoka & Shipko, 2006]. Una recente revisione sistematica di studi riguardanti uno specifico gruppo di antidepressivi (gli SNRIs, gli inibitori della ricaptazione della serotonina e noradrenalina) conclude che “i sintomi di astinenza compaiono dopo la sospensione di ogni tipo di SNRI […]. I sintomi tipicamente compaiono entro qualche giorno dalla interruzione e durano qualche settimana, anche se si effettua una riduzione graduale. E’ possibile inoltre un’insorgenza tardiva e una lunga durata della sindrome [Fava et al. 2018, p.195]. Le attuali linee guida USA per i clinici indicano che la reazione di astinenza dopo sospensione “tipicamente si risolve in 1-2 settimane senza il bisogno di un trattamento specifico” [APA 2010, p.39], analogamente a quanto affermato dalle linee guida UK che sostengono che “i sintomi di astinenza sono generalmente moderati e tendono ad esaurirsi spontaneamente, in media nell’arco di una  settimana, ma che possono anche essere severi, in particolare se il farmaco è interrotto bruscamente” [NICE, 2009, 1.9.2.1 in CG90].

Il proposito di questo studio è di verificare il grado di accuratezza e di utilità delle linee guida, attraverso una revisione sistematica della letteratura scientifica sull’incidenza, la durata e la severità della sindrome da sospensione di antidepressivi.

 

2 . METODOLOGIA

Il criterio adottato per la nostra revisione era l’inclusione di qualsiasi articolo di ricerca pubblicato in riviste che utilizzano la valutazione tra pari (peer review), in lingua inglese, che fornisse dati chiari e comparabili sull’incidenza, la durata e la severità della sindrome da sospensione di antidepressivi. Non è stata applicata alcuna restrizione temporale relativa al momento in cui gli studi erano stati condotti. Gli studi sono stati inclusi a prescindere dalla diagnosi, in quanto i sintomi della sindrome da sospensione non sono influenzati dal problema per cui i farmaci erano stati prescritti. Uno studio individuale, su un singolo caso, che è stato individuato, non è stato incluso nelle stime.

La ricerca sistematica, eseguita secondo le linee guida PRISMA [Moher, Liberati, Tetzlaff, & Altman, 2009], è stata eseguita da uno dei due autori, usando Mesh (Medical Subjects Headings) nel database MEDLINE/PubMed. I termini impiegati nella ricerca erano: ‘Antidepressant’ o ‘Antidepressant Medication’ (39.626) e ‘Withdrawal Symptoms’ (3671) o ‘Withdrawal Effects’ (296) o ‘Withdrawal Syndrome’ (2583) o ‘Discontinuation Syndrome’ (146) o ‘Discontinuation Symptoms’ (129) o ‘Dependence’ (88,098) o ‘Addiction’ (46,785). Questa prima ricerca ha consentito di individuare 312 articoli. Esaminando gli abstract di questi 312, solo 20 hanno soddisfatto i criteri di inclusione. Il secondo autore ha effettuato una ricerca parallela, in maniera indipendente, su Psych INFO e su GoogleScholar, ma non sono stati trovati altri articoli rilevanti. La verifica approfondita della bibliografia dei 20 articoli selezionati non ha portato all’inclusione di ulteriori articoli. Ciò nonostante, in una revisione del 2015 sono stati identificati altri due articoli rilevanti. E’ stata inclusa nella nostra revisione sistematica un’ulteriore indagine riguardante la durata e la severità della sindrome (che coinvolge direttamente uno dei due autori, JD) pubblicata in un recente report dall’ All Party Parliamentary Group for Prescribed Drug Dependence del Regno Unito [Davies, Pauli, & Montagu, 2018b]. E’ stato inoltre incluso un articolo  [Read, Cartwright, & Gibson, 2018] pubblicato subito dopo la conclusione della nostra ricerca nella letteratura scientifica, che elabora ulteriormente i risultati di uno studio precedente [Read, Cartwright, & Gibson, 2014]. Questi 4 studi aggiuntivi portano il numero totale delle pubblicazioni prese in esame a 24, che presentano dati relativi a 31 serie di risultati. Il diagramma di flusso – Fig. 1 – del processo di ricerca realizzato mostra che sono 17 gli studi che forniscono dati circa l’incidenza, mentre sono 4 quelli che offrono dati sulla severità e 10 sulla durata.

 

3. RISULTATI

3.1 Caratteristiche degli studi:

La metodologia dei 24 studi presi in considerazione è eterogenea e la numerosità del campione varia da 3 a 1367 soggetti. 6 dei 24 studi sono stati finanziati dall’industria farmaceutica e altri 5 hanno visto la partecipazione di ricercatori in conflitto d’interessi (vedi Tab 1-3).

4 studi sono stati realizzati nel Regno Unito, 3 in Canada, 3 negli USA, 2 in Italia, 2 in Giappone e 1 in Danimarca, Olanda e Nuova Zelanda. I restanti 7 studi hanno utilizzato campioni provenienti da varie nazioni.

6 studi sono stati pubblicati negli anni ‘90, 8 nel periodo 2000-2009 e 10 dopo il 2010: Questo trend conferma un interesse di ricerca molto basso riguardo la sindrome da sospensione di antidepressivi.

3.2 Incidenza:

Lo studio ha individuato 17 studi che forniscono dati sui tassi di incidenza: 14 di essi sono utilizzabili per calcolarne una media ponderata. La metodologia usata risulta eterogenea. Lo strumento più comunemente utilizzato (in sei studi) per misurare la reazione di astinenza, dopo sospensione, è  stata la DESS (Discontinuation-Emergent Signs and Symptoms), un questionario che indaga sulla presenza di 43 possibili sintomi di astinenza (usando come soglia la comparsa di un numero variabile tra due e quattro sintomi);  in altri tre studi la verifica si è basata sull’auto-riconoscimento dei sintomi di astinenza.  La numerosità dei campioni oscilla tra 14 e 1367. Otto studi forniscono dati di confronto tra diversi antidepressivi, che sono riportati nella Tabella 1, ma che non vengono approfonditi. Nove dei 17 studi erano finanziati dalle aziende farmaceutiche (6) o includevano autori in conflitto d’interesse in quanto ricevevano fondi dalle aziende farmaceutiche (3).

I tre studi con il maggior numero di partecipanti, indipendenti dall’influenza dell’industria farmaceutica, erano sondaggi online. Il primo, condotto nel Regno Unito dal Royal College of Psychiatrists (RCPsych) ha messo in evidenza che, su 817 utilizzatori di antidepressivi, 512 (il 63%) erano andati incontro a reazioni di astinenza, di vario tipo e di varia intensità, successivamente all’interruzione degli antidepressivi [RCPsych, 2012].

Questo dato è sovrapponibile a quello emerso dal principale sondaggio diretto agli utilizzatori  finora eseguito. Delle 1367 persone in trattamento con antidepressivi che hanno risposto al sondaggio sulle reazioni di astinenza, dopo sospensione, in Nuova Zelanda, il 55% ha risposto di aver sofferto di qualche forma di reazione negativa [Read et al., 2014]. Un sondaggio internazionale che ha utilizzato una metodologia pressoché identica a quella dello studio effettuato in Nuova Zelanda, ha messo in luce che il 55% dei 953 utilizzatori di antidepressivi intervistati ha segnalato una reazione di astinenza [Read & Williams, 2018]. Nel campione della Nuova Zelanda la percentuale di coloro che segnalano una reazione di astinenza sale al 74% tra chi abbia assunto il farmaco per più di tre anni [Cartwright, Gibson, Read, Cowan, & Dehar, 2016].

Questi 3 studi sono quelli che, fino ad oggi, hanno potuto contare su una maggiore numerosità del campione (e che, inoltre, non hanno posto limiti al periodo di tempo preso in considerazione per la comparsa della reazione di astinenza), ma i campioni di questi tre studi non erano nè randomizzati nè stratificati. E’ possibile, di conseguenza, che questi studi abbiano incluso un numero elevato di pazienti insoddisfatti degli antidepressivi. A dire il vero, la maggior parte dei partecipanti ha riferito che gli antidepressivi avevano contribuito a ridurre la depressione; sia nello studio eseguito in Nuova Zelanda sia in quello con un campione internazionale questo possibile errore, derivante dall’insoddisfazione verso il trattamento farmacologico, sembra avere un peso minimo (mentre lo studio RCPsych non fornisce informazioni legate alla soddisfazione verso il trattamento).

La Tabella 1 sintetizza i risultati di altri 11 studi con campioni più piccoli, che adottano metodologie differenti, la maggior parte dei quali prende in considerazione periodi di valutazione di pochi giorni (5-14).

Uno studio multicentrico che ha valutato 86 persone che hanno assunto antidepressivi per oltre tre mesi ha messo in evidenza che il 77% del campione (66 persone) mostrava sintomi di astinenza, dopo aver bruscamente sospeso l’assunzione del farmaco,  sostituito dal placebo [Hindmarch, Kimber, & Cocle, 2000].

Uno studio randomizzato controllato multicentrico, di 8 settimane, che confrontava pazienti con diagnosi di depressione maggiore, in trattamento con sertralina o con venlafaxina XR ha  dimostrato la comparsa di una reazione negativa in una media combinata dell’85% dei casi (su un totale di 129 pazienti) [Sir et al., 2005; Tabella 4].

Uno studio randomizzato controllato che ha coinvolto 95 persone che hanno interrotto bruscamente l’assunzione di fluoxetina ha dimostrato la comparsa di una reazione di astinenza nel 67% dei casi [Zajecka et al., 1998]. Uno studio su 14 casi che interrompono bruscamente l’assunzione di fluoxetina mette in luce l’insorgenza di una reazione di astinenza in 12 di essi (86%) [Black, Wesner, & Gabel, 1993].

Un’ulteriore studio randomizzato controllato sull’interruzione degli SSRIs, con un campione di 185 persone, ha dimostrato che, in media, il 46% va incontro ad una reazione di astinenza [Rosenbaum, Fava, Hoog, Ascroft, & Krebs, 1998]. Un altro studio, volto a valutare 25 pazienti in trattamento con citalopram, ha riscontrato una reazione di astinenza nel 56% dei casi (14 pazienti), con un maggior rischio di reazioni di astinenza in caso di dosi elevate e di tappe di riduzione di minor altezza [Yasui-Furukori et al., 2016].

Un ulteriore studio su 28 utilizzatori di venlafaxina randomizzati secondo un protocollo che prevedeva una sospensione in 3 giorni o in 14 giorni, ha posto in evidenza che il 46% del campione andava incontro a fenomeni di astinenza [Tint, Haddad, & Anderson, 2008]. Infine, un studio che ha coinvolto solo 20 pazienti ha dimostrato che compariva una reazione di astinenza nel 45% dei casi, nonostante si fosse scelto di ridurre il farmaco il più lentamente possibile, prima di interromperlo [Fava, Bernardi, Tomba, & Rafanelli, 2007].

Sono tre gli studi che riportano percentuali inferiori di reazioni negative. Il primo, uno studio osservazionale che ha coinvolto 97 persone che hanno interrotto gli SSRIs ha riscontrato un tasso di sintomi da sospensione del 27%, dopo la fine del trattamento [Bogetto, Bellino, Revello, & Patria, 2002]. Il secondo, uno studio randomizzato in doppio cieco della durata di 12 settimane, realizzato su pazienti in trattamento con paroxetina, rileva che il 35% dei 55 pazienti che interrompevano la paroxetina senza riduzione graduale vanno incontro a una reazione di astinenza [Oehrberg et al., 1995]. Il terzo, uno studio randomizzato in doppio cieco con placebo, ha riscontrato che il 27% dei 181 partecipanti andava incontro ad una reazione di astinenza quando  il farmaco, l’escitalopram, veniva bruscamente sostituito con il placebo [Montgomery, Nil, Durr-Pal, Loft, & Boulenger, 2005]. Questi 14 studi, caratterizzati da differenti metodologie (studi randomizzati controllati, studi naturalistici e sondaggi), hanno fatto emergere tassi di incidenza che variano dal 27 all’86%. Se raggruppati, per tipo di metodo adottato, questi studi mostrano un tasso di incidenza media

– del 57% per i tre sondaggi (1790/3137)

– del 52,5% per i cinque studi naturalistici (127/242)

– del 50,7% per i sei studi randomizzati controllati (341/673)

La media combinata degli studi è del 55%, con una media ponderata del 55,7% (2258/4052).

Studi esclusi

Non abbiamo considerato accettabili, per il calcolo della media ponderata, i tassi di incidenza di tre studi, nonostante la loro completezza.
Il primo è uno studio retrospettivo fondato sull’esame delle cartelle cliniche di 385 pazienti che hanno interrotto la paroxetina. E’ emerso che nell’11% dei casi si era registrata una reazione negativa, dopo la sospensione  [Himei & Okamura, 2006]. La mancata inclusione di questo studio è dipesa dal fatto gli autori avevano escluso qualsiasi reazione di astinenza insorta dopo i primi tre giorni dalla sospensione del farmaco; inoltre venivano presi in considerazione solo 9 sintomi di astinenza. Era presumibile, quindi, che il tasso di incidenza della sindrome inferiore rispetto agli altri studi possa derivare dal disegno dello studio. Inoltre, una revisione delle cartelle cliniche fa affidamento sul fatto che i medici che le hanno compilate siano a conoscenza della sindrome da sospensione e che, quindi, essa venga correttamente rilevata e segnalata.

Uno studio condotto in precedenza, ma sempre basato sulla revisione delle cartelle cliniche di 171 pazienti che avevano gradualmente ridotto la dose degli antidepressivi, aveva fatto emergere un’incidenza simile, del 12%, ma presentava anche gli stessi problemi metodologici [Coupland, Bell, & Potokar, 1996].

Uno studio condotto su un campione molto numeroso di pazienti che partecipavano ad un programma di sospensione basato sul ricorso alle ‘tapering strips’ ha segnalato che il 97% dei partecipanti aveva sperimentato sintomi di astinenza durante i precedenti tentativi di sospendere gli antidepressivi; questo sottogruppo non è sembrato rappresentativo della popolazione di utilizzatori di antidepressivi [Groot & Van Os, 2018].

Se questi tre studi fossero stati inclusi, la media ponderata sarebbe risultata leggermente più alta (56,5% – 2992/5300). Va segnalato inoltre che due dei sondaggi con più partecipanti ponevano una domanda specifica rispetto a se si fosse mai provato dipendenza dagli antidepressivi. In quello condotto in Nuova Zelanda [Read et al., 2014; Read, Cartwright et al., 2018] il 27% ha risposto di aver sviluppato una dipendenza (con l’80% che la descrive come ‘moderata’ o ‘grave’). Nel sondaggio su un campione internazionale, il 37% ha riportato di aver sviluppato una dipendenza (con il 62% che la descrive come ‘moderata’ o come ‘grave’) [Read & Williams, 2018]. Questi risultati, nonostante siano di per sè importanti, non sono stati inclusi nel calcolo della media bilanciata in quanto dipendenza e sindrome da sospensione sono fenomeni distinti, anche se interconnessi.

Sono stati esclusi altri cinque studi, tutti finanziati dalle aziende farmaceutiche, che confrontavano il numero medio di sintomi di astinenza indotti dalla sospensione del proprio farmaco, con il numero medio di sintomi indotti dal farmaco della concorrenza. La comparsa di sintomi di astinenza veniva valutata dopo periodi di trattamento, piuttosto artificiosi, di 8-12 settimane e con tempi di verifica oscillanti tra i 5 e i 14 giorni [Baldwin, Cooper, Huusom, & Hindmarch, 2006; Judge, Parry, Quail, & Jacobson, 2002; Michelson et al., 2000; Montgomery, Huusom, & Bothmer, 2004; Montgomery, Kennedy, Burrows, Lejoyeux, & Hindmarch, 2004]. Poichè nessuno di essi ha indicato il tasso di incidenza in termini percentuali, questi studi non sono stati inseriti nella Tabella 1. Ciononostante, alcuni di questi studi hanno fornito ulteriore supporto all’ipotesi che le reazioni di astinenza sono comuni. Ad esempio, uno di essi metteva in luce che, dopo solo 8 settimane di trattamento con venlafaxina, i pazienti che interrompevano l’assunzione del farmaco andavano incontro, in media, a 5 sintomi di astinenza [Montgomery et al., 2004].

3.3 Severità

La nostra rassegna ha individuato 5 studi che hanno indagato la gravità della sindrome da sospensione. 4 ampi studi finanziati con fondi indipendenti hanno trovato che quasi la metà di coloro che hanno segnalato sintomi di astinenza hanno indicato il livello più alto, nella scala utilizzata per descrivere la severità di questi effetti (vedi Tab. 2). Tutti e 4 gli studi si basano su sondaggi sull’uso degli antidepressivi nel mondo reale e comparano una vasta gamma di antidepressivi oltre che diverse durate di trattamento. Per esempio, l’ampio studio condotto in Nuova Zelanda ha incluso una vasta gamma di antidepressivi (vedi Tab. 1) e ha intervistato persone che sono state in trattamento per lunghi periodi di tempo (il 52% degli intervistati li ha assunti per più di tre anni). Da questo sondaggio è emerso che, su un totale di 750 utilizzatori di antidepressivi che riportano sintomi di astinenza, il 46% li  classifica come ‘gravi’ e un ulteriore 32% come ‘moderati’, su una scala di risposta a 3 opzioni ‘lievi-moderati-gravi’ [Read et al., 2014].

Questo risultato è simile a quanto emerso dal sondaggio in un campione internazionale di 528 partecipanti che ha usato lo stesso tipo di scala a tre opzioni, nel quale il 43% sceglieva l’opzione ‘gravi’ e il 25% l’opzione ‘moderati’ [Read & Williams, 2018].

Un recente studio olandese che ha incluso persone che partecipavano ad un programma di riduzione graduale dei farmaci, ha messo in luce che, dei 671 che hanno sperimentato sintomi di astinenza, 339 (il 51%) ha risposto indicando il livello massimo di severità, su una scala a 7 livelli [Groot & Van Os, 2018].

In un recente sondaggio internazionale, 580 persone che hanno avuto reazioni di astinenza dopo aver interrotto gli antidepressivi hanno risposto alla domanda “quanto grave è stato l’impatto della sospensione degli antidepressivi sulla tua vita, in una scala da 1 a 10?” La media delle risposte ottenute è stata 8,35 (deviazione standard di 2.05, mediana 9 e moda 10), a riprova che la maggioranza di essi è andata incontro a reazioni di elevata gravità, con 249 partecipanti (il 43%) che hanno indicato il massimo livello di severità della scala, cioè 10 [Davies et al., 2018b].

Pertanto, la percentuale dei partecipanti di questi quattro studi che hanno indicato il massimo livello di severità disponibile varia dal 43% al 51%, con una media bilanciata del 45,7% (1157/2529).

Studi esclusi

Il quinto studio è un confronto, finanziato dall’industria farmaceutica, tra sertralina e venlafaxina. Dopo una riduzione nell’arco di due settimane, su 110 partecipanti solo 2 hanno indicato come “grave” la reazione di astinenza, e solo 1 come ‘molto grave’ [Sir et al., 2005]. Questi tassi di incidenza molto bassi potrebbero essere stati influenzati  da una durata del trattamento (8 settimane) artificiosamente breve, rispetto a quella presa in considerazione dai 4 sondaggi basati su dati di trattamenti reali (di mesi o addirittura anni). Inoltre, in questo studio finanziato dall’industria farmaceutica, il livello di severità era misurato dal medico e non mediante la compilazione di un questionario da parte del paziente, come avveniva negli altri 4 studi. In ogni caso, se anche questo quinto studio fosse stato incluso, la media ponderata sarebbe leggermente più bassa, ovvero del 43,9% (1158/2639).

3.4. Durata

Per quanto riguarda la durata della sindrome da sospensione sono stati identificati 10 studi rilevanti (vedi Tab. 3). In tre casi alcuni autori presentano conflitti di interesse, ma nessuno di questi studi è stato finanziato dalle aziende farmaceutiche.

In uno studio osservazionale condotto su 26 pazienti (trattati per 8 settimane o più) che hanno sofferto di una reazione di astinenza mentre sospendevano i farmaci sotto supervisione medica, il dato emerso è che la reazione di astinenza durava in media 5 giorni [Bogetto et al., 2002].

In un altro studio osservazionale di piccole dimensioni è emerso che 3 partecipanti su 9 (il 33%) presentava fenomeni di astinenza per più di un mese, nonostante si fosse ridotta la posologia del farmaco nella maniera più lenta e graduale possibile [Fava et al., 2007].

Uno studio fondato sull’analisi di segnalazioni spontanee da parte di medici inglesi ha individuato 71 segnalazioni contenenti dati sulla durata della reazione di astinenza. Tali fenomeni avevano una durata oscillante tra 1 e 52 giorni, con una durata media di 10,5 giorni [Price, Waller, Wood, & MacKay, 1996]. Ciononostante, il 34% delle 430 persone che hanno avuto una reazione di astinenza dopo aver interrotto la paroxetina hanno presentato fenomeni così gravi e persistenti da imporre una reintroduzione del farmaco; per questo motivo la durata di queste reazioni negative, indicata dallo studio, risulta presumibilmente ridotta.

Dal sondaggio RCPsych sugli utilizzatori di antidepressivi è emerso che, tra i 512 che hanno  sofferto di sintomi di  astinenza, essi  “generalmente duravano fino a 6 settimane” e che “un quarto del campione riportava la presenza di ansia per più di 12 settimane” (anche se non era segnalato quanto più a lungo di 12 settimane) [RCPsych, 2012].

In un recente sondaggio internazionale relativo a 580 persone che sono andate incontro a una reazione di astinenza da antidepressivi, veniva loro posta questa domanda “per quanto a lungo hai sofferto dei sintomi di astinenza?” L’86,7% ha risposto per almeno due mesi, il 58,6% per almeno un anno e il 16,2% per più di tre anni [Davies et al., 2018b].

Inoltre, in una recente analisi del contenuto di 137 post online di persone che, nel mondo reale, avevano segnalato una sindrome di astinenza da antidepressivi, è emerso che la durata media dei sintomi di astinenza era di 90,5 settimane per i 97 utilizzatori di SSRIs e di 50,8 settimane per i 40 utilizzatori di SNRIs [Stockmann, Odegbaro, Timimi, & Moncrieff, 2018].

Uno studio randomizzato controllato sulla sospensione della fluoxetina ha evidenziato che il 40% delle 58 persone che hanno bruscamente interrotto l’assunzione presentavano ancora sintomi di astinenza 6 settimane dopo l’interruzione; lo studio non ha, tuttavia, proseguito la valutazione dopo le 6 settimane [Zajecka et al., 1998].

In uno studio sugli “stati maniacali dopo interruzione degli antidepressivi”, negli otto casi di cui é stata resa nota la durata della sindrome da sospensione, la durata media era di 43 giorni, da un minimo di 9 a un massimo di 198 giorni [Naryan & Haddad, 2011].

Una revisione sull’andamento di tre casi di sindrome da sospensione trattati con Terapia Cognitivo Comportamentale (CBT), ha segnalato una durata superiore a 3 mesi per tutti i casi [Belaise, Gatti, Chouinard, & Chouinard, 2014].
In un’ulteriore analisi di casi clinici, che ha valutato 46 casi di sospensione di SSRIs, è stata segnalata la durata della sindrome da sospensione in 26 di questi casi. Per 11 dei 26 casi (il 42,3%) i sintomi sono andati incontro a remissione in meno di una settimana, mentre nei restanti 15 casi la durata oscillava  tra 1 a 13 settimane [Black, Shea, Dursun, & Kutcher, 2000]. In questo studio, inoltre, i sintomi di astinenza di altre 17 persone sono venuti meno solo dopo la reintroduzione dell’antidepressivo: ciò significa che solo il 26% (11 casi su 43) ha presentato una remissione spontanea dei sintomi di astinenza nell’arco di una sola settimana.

Questi 10 studi non consentono la stima di una media ponderata data la varietà delle metodologie utilizzate. Sette su 10 studi contraddicono le linee guida USA e UK sulla sindrome da sospensione, in quanto segnalano una significativa percentuale di persone che presentano sintomi di astinenza per più di due settimane [Belaise et al., 2014; Davies et al., 2018b; Fava et al., 2007; Narayan & Haddad, 2010; Stockmann et al., 2018; RCPsych, 2012; Zajecka et al., 1998]. Uno di essi, ad esempio, segnala una durata della sindrome da sospensione di almeno 6 settimane nel 40% dei casi [Zajecka et al., 1998], mentre un secondo ne segnala la presenza per almeno 12 settimane, nel 25% dei casi [RCPsych, 2012]. Due recenti indagini su campioni, nel mondo reale, di persone che presentavano difficoltà nella fase di sospensione hanno messo in luce molti casi di durata molto più lunga, anche superiore ad un anno [Davies, Pauli, & Montagu, 2018a; Stockmann et al., 2018].

 

4. DISCUSSIONE

La nostra revisione degli studi quantitativi presenti in letteratura ha messo in evidenza che più della metà (il 56%) di chi assume antidepressivi va incontro a fenomeni di astinenza; la maggioranza di essi la descrive come moderata o grave (quasi la metà, il 46%, come grave).

Sette dei 10 studi presi in considerazione che forniscono dati sulla durata della sindrome da sospensione contraddicono le linee guida UK e USA, in quanto segnalano una significativa percentuale di persone che soffrono di tale sindrome per più di due settimane; non è raro che essa duri molti mesi, o anche di più. Due degli studi, inoltre, indicano che il 40% dei soggetti va incontro a sintomi da sospensione che durano almeno 6 settimane [Zajecka et al., 1998] o 12 settimane o più, nel 25% del campione  [RCPsych, 2012].

Alla luce del fatto che, nell’ultimo anno, siano stati prescritti antidepressivi a circa 7 milioni di persone, nel Regno Unito, e a circa 37 milioni negli USA, è verosimile che circa 2,8 milioni di persone in UK e 14,8 milioni negli USA (circa il 5% delle popolazioni totali dei due paesi) abbiano presentato una sindrome da sospensione di antidepressivi per almeno 6 settimane dopo la sospensione e che, 1,8 in UK e 9 milioni negli USA, ne abbiano sofferto per almeno 12 settimane. Se consideriamo il solo Regno Unito, 4 milioni di persone potrebbero andare incontro a sintomi di astinenza e per più di 1,8 milioni essi potrebbero essere gravi.

Questi dati differiscono significativamente da quanto scritto nelle linee guida del Regno Unito [NICE, 2009] e degli USA [APA, 2010] sulla sindrome da sospensione di antidepressivi. Questi dati non sono gli unici a contraddire le attuali linee guida. Per esempio, una revisione del 2015 sugli studi quantitativi disponibili e su 38 analisi di casi clinici, ha messo in evidenza che solo nel 22% (4 casi su 18) dei casi clinici esaminati i sintomi di astinenza erano andati incontro a remissione spontanea entro le due settimane, mentre in due casi la reazione di astinenza dopo sospensione della paroxetina persisteva un anno dopo l’interruzione. Questa revisione del 2015 ha tratto la conclusione che la sindrome da sospensione di antidepressivi “tipicamente si presenta nei giorni successivi all’interruzione del farmaco e dura poche settimane […] ma molte varianti sono possibili, tra cui una comparsa tardiva dei sintomi e/o una persistenza dei sintomi a lungo termine” [Fava et al., 2015].

 

4.1 ‘Sindrome da interruzione (discontinuation)’ vs. ‘astinenza da sospensione (withdrawal)’

Dal momento che la reazione di astinenza che fa seguito alla sospensione degli antidepressivi ha un’incidenza, una severità e una durata superiore rispetto a quanto segnalato dalle attuali linee guida, non possono che derivarne alcune implicazioni essenziali.

In primo luogo, l’uso del termine ‘sindrome da interruzione’ (in inglese ‘discontinuation syndrome’) per definire la reazione che ne scaturisce cozza contro le attuali evidenze.

A partire dagli anni ‘60 questa definizione (discontinuation syndrome) è stata usata solo sporadicamente in letteratura; il suo utilizzo nel caso degli antidepressivi è stato messo a punto, per la prima volta, in occasione del ‘Discontinuation Consensus Panel’ del 1996, finanziato dalla Eli Lilly [Schatzberg, 1997; Schatzberg et al., 1997]. In questa occasione, la sindrome è stata descritta come una ‘sindrome che tende ad estinguersi spontaneamente’ (con fenomeni che possono essere lievi e transitori oppure più pesanti, tale da determinare interferenze significative sul piano del funzionamento individuale o della produttività), che tipicamente si risolve nell’arco di di 2 o 3 settimane [Rivas-Vazquez, Johnson, Blais, & Rey, 1999] e che deve essere differenziata da altre discusse forme di sindromi di astinenza, come quelle da benzodiazepine o da altri sedativi ipnotici [Fava et al., 2015]. Questo comitato ha delineato la sindrome come ‘portata ad estinguersi spontaneamente’ e della durata di 2-3 settimane (e questa posizione è ancora chiaramente presente nelle attuali linee guida); questa presentazione della sindrome, tuttavia, pare non essere sostenuta non solo dagli studi usati da quel comitato per dare consistenza alla tesi della “tendenza ad estinguersi spontaneamente” [ADH, 1996], ma anche dalle successive evidenze scientifiche sulla durata (esaminate da questa revisione).

Inoltre, il fatto di definire ‘sindromi di astinenza da sospensione’ (in inglese ‘withdrawal syndromes’) quelle causate da benzodiazepine e neurolettici, e ‘sindromi da interruzione’ (in inglese ‘discontinuation syndromes’) quelle causate dagli SSRIs, non solo crea un’erronea distinzione tra l’astinenza indotta dagli antidepressivi e quella indotta da altre sostanze psicotrope, ma porta anche a sminuire le problematiche che gli SSRIs possono causare [Nielsen, Hansen, & Gotzsche, 2012].

Il termine ‘sindrome da interruzione’ (discontinuation) può confondere le idee, in quanto una reazione di astinenza da antidepressivi può manifestarsi anche in casi diversi dalla interruzione del farmaco (ad esempio, quando si passa da due dosi, in fase di riduzione, diverse di farmaci ad effetto rapido e a breve durata d’azione) [ Fava et al., 2015], mentre il termine ‘sindrome’ appare subdolo nel medicalizzare l’astinenza avvicinandola di più ad un disturbo endogeno dell’individuo, che ad una reazione fisiologica, non patologica, derivante dalla sospensione di una sostanza psicotropa. Per queste ragioni il nostro studio si allinea a quanto scritto da Fava et al. 2015, nel sostenere che ‘sindrome da interruzione’ (discontinuation syndrom’), dovrebbe essere sostituito con un termine più in linea con le evidenze, come ‘reazione di astinenza da sospensione’ o ‘astinenza da sospensione’ (‘withdrawal/withdrawal reaction’).

4.2 Diagnosi inappropriata di astinenza da sospensione

Un’altra implicazione del fatto che l’astinenza da antidepressivi sia di incidenza e durata superiori rispetto a quanto riportato nelle attuali linee guida è il fatto che, probabilmente, molti medici non pongono una diagnosi appropriata della reazione di astinenza (ad esempio,  considerandola come una ricaduta o come un insuccesso del trattamento proposto).

La prospettiva prevalente è che questo tipo di errore possa essere evitato, dal momento che si può distinguere tra ricaduta e reazione di astinenza sulla base del fatto che la reazione di astinenza tipicamente compare qualche giorno dopo l’interruzione del farmaco e scompare rapidamente una volta ripresa l’assunzione del farmaco, mentre la ricaduta non avviene, abitualmente, nelle prime settimane dopo l’interruzione del trattamento [Anon, 1999]. Questo punto di vista è comunque problematico, dal momento che ci sono molte varianti delle reazioni di astinenza, tra cui la comparsa tardiva dei sintomi e/o una loro lunga persistenza; ciò significa che i sintomi di astinenza possono essere facilmente considerati, erroneamente, come segni di una imminente ricaduta [Fava et al., 2015]. Ad esempio, con farmaci come la fluoxetina, con una lunga emivita, è possibile che la reazione di astinenza inizi diversi giorni o addirittura settimane dopo l’interruzione (in contrasto con la convinzione che la reazione di astinenza prenda avvio poco dopo l’interruzione del farmaco) [Renoir, 2013].

Anche le diversità sul piano dei processi metabolici possono incidere sulle corrette previsioni rispetto ai tempi di comparsa della reazione di astinenza. E’ estremamente importante, inoltre, tenere presente che il riemergere di fenomeni depressivi e ansiosi è un tratto tipico della sindrome di astinenza da antidepressivi [Rosenbaum et al., 1998]: il sondaggio RCPsych ha messo in luce che la reazione di astinenza considerata grave dai diretti interessati era un incremento dell’ansia (approssimativamente il 25% dei soggetti ha segnalato ansia per almeno 3 mesi dopo l’interruzione degli antidepressivi) [RCPsych, 2012].

Visto che gli antidepressivi, attualmente, sono prescritti molto spesso per i disturbi d’ansia, e tenuto conto che l’aumento dell’ansia è, come appena segnalato, un fenomeno frequente nella sindrome di astinenza da antidepressivi, è inevitabile presumere che la mancata conoscenza delle reazioni di astinenza da antidepressivi possa aver condotto, in passato, a una sovrastima delle ricadute successive all’interruzione degli antidepressivi [Anon, 1999] e possa condurre, ancora oggi, a confondere una reazione di astinenza con una ricaduta, con una conseguente reintroduzione del farmaco ed una prognosi ancora più negativa.

E’ possibile che la sindrome di astinenza sia diagnosticata in modo inappropriato anche in altre occasioni: 1. quando viene considerata come una mancata risposta al trattamento (ad esempio, quando un non dichiarato difetto di adesione alla terapia viene scambiato per un peggioramento della depressione, con un conseguente aumento della dose o un passagio ad un altro farmaco); 2. quando viene confusa con un disturbo bipolare di tipo I o di tipo II (se le reazioni di astinenza di tipo “maniacale” o “ipomaniacale” vengono scambiate per le prime manifestazioni di un disturbo bipolare); 3. quando si verifica un cambio di farmaco (le reazioni di astinenza sono scambiate per un effetto collaterale del nuovo antidepressivo) [Haddad & Anderson, 2007].

Una diagnosi non appropriata delle reazioni di astinenza da sospensione, come quelle appena descritte, determina una spinta all’aumento dell’uso a lungo termine degli antidepressivi; molti pazienti, se ricevono una diagnosi inadeguata delle loro reazioni di astinenza, si trovano di fronte ad una reintroduzione degli antidepressivi, oppure alla proposta di un nuovo farmaco, oppure ad un aumento delle dosi. Questa crescita dell’utilizzo a lungo termine di antidepressivi è esattamente ciò che si osserva nella popolazione interessata, con una durata media dell’assunzione degli antidepressivi più che raddoppiata rispetto alla metà degli anni 2000, sia in UK [NHS Digital, 2007] che negli USA [Mojtabai & Olfson, 2014].

4.3. Coerenza con gli studi qualitativi sulla sindrome di astinenza

Gli studi qualitativi, sia quelli basati su interviste o sondaggi con domande aperte, sia i contributi spontaneamente postati online, sono in linea con i risultati della nostra revisione. Questi studi qualitativi sono utili in quanto portano alla luce queste esperienze soggettive.

A seguire alcuni esempi di testimonianze personali riguardanti la severità degli effetti di astinenza:

Sto attualmente cercando di smettere di assumere venlafaxina e onestamente è la cosa più terribile che abbia mai dovuto affrontare. Provo una nausea tremenda e forti giramenti di testa ogni volta che riduco la dose” [Pestello & Davis-Berman, 2008]

Dopo essermi dimenticato di prendere il citalopram per due giorni, mi sono svegliato con dei forti capogiri. Erano così forti che, quando ho tentato di scendere dal letto, sono caduto per terra e ho vomitato” [Read, Cartwright et al., 2018]

Se mi dimentico di prendere la mia pillola, gli effetti di astinenza comprendono forti tremori, idee di suicidio, la sensazione di avere troppa caffeina nel cervello, shock elettrici, allucinazioni, incredibili sbalzi di umore… sono come ‘bloccata’ sugli antidepressivi in quanto ho troppa paura per provare a interromperli” [Gibson, Cartwright, & Read, 2016]

Mentre non ho nessun dubbio sul fatto che mi sento meglio con gli antidepressivi, quando ho provato ad interromperli gli effetti avversi sono stati devastanti: ‘zap’ elettrici nel cervello, agitazione, insonnia e sbalzi di umore. Questo significa che non ho alcuna altra opzione per affrontare la mia depressione, in quanto interrompere i farmaci per me è diventato un problema” [Cartwright et al., 2016]

 

Testimonianze sulla durata degli effetti:

Mi ci sono voluti due mesi d’inferno per interrompere gli antidepressivi. E’ stato assolutamente più difficile di quanto mi aspettassi” [Read, Cartwright et al., 2018]

Mi ci sono voluti quasi due anni per liberarmi della paroxetina: gli effetti collaterali sono stati orrendi. Sono stato persino costretto a lasciare il lavoro, perchè mi sentivo sempre malato. Anche adesso che ne sono uscito, continuo a sentire come degli shock elettrici nel cervello” [Pestello & Davis-Berman, 2008]

Interromperli è stata davvero una strada in salita e ha richiesto anni di tentativi. E’ qualcosa di cui i medici dovrebbero essere più consapevoli e su cui potrebbero garantire un maggiore sistegno”. [Cartwright et al., 2016)].

4.4. Linee guida sulla sospensione degli antidepressivi

Un’ulteriore implicazione del fatto che l’incidenza, la durata e la severità siano in realtà più alte di quanto riconosciuto dalle principali linee guida è che le loro indicazioni stanno spingendo i medici a conclusioni inappropriate sulla natura e sulla gestione delle reazioni di astinenza, dopo sospensione.

Dato, quindi, che le attuali linee guida UK [NICE, 2009] e USA [APA, 2010] sulla depressione sono molto distanti dalle conclusioni di questo studio, abbiamo deciso di mandare un Freedom of Information Request al NICE per chiedere di verificare quali siano le evidenze scientifiche su cui si poggia la loro attuale posizione sulla sindrome di astinenza – cioè che “i sintomi sono solitamente lievi e tendono ad estinguersi spontaneamente in una settimana” [NICE, 2009, 1.9.2.1 in CG90]. Il NICE ha risposto che le loro attuali posizioni sulle reazioni di astinenza dopo la sospensione di antidepressivi sono state ereditate dalle precedenti linee guida del 2004, le quali così si esprimevano:

“non ci sono studi clinici controllati in quest’area… se i sintomi sono lievi, è opportuno rassicurare il paziente sul fatto che avere sintomi di questo tipo non è insolito, dopo aver interrotto un antidepressivo, e che passeranno nel giro di qualche giorno [NICE, 2004, 4.5.2.48 in CG23. Corsivo aggiunto].

Il NICE ha confermato che le loro indicazioni, contenute nelle linee guida del 2004, da allora “non sono più state aggiornate”. Inoltre, quelle indicazioni derivavano da due sole ricerche, cioè [Haddad, 2001; Lejoyeux & Adès, 1997]; avendole rianalizzate, possiamo affermare che nessuna delle due segnala una qualsiasi fonte che faccia da supporto alla tesi che tali reazioni possano estinguersi in una sola settimana, come affermato nelle linee guida NICE del 2009.

L’attuale posizione del NICE sulle reazioni di astinenza da antidepressivi non solo poggiava, fin dall’inizio, su evidenze molto deboli, ma è di 14 anni fa ed, in più, è in chiaro contrasto con quanto emerso da numerosi studi successivi, come si evince da questa revisione.

Questi limiti sollevano preoccupazioni per il grande numero di persone che utilizzano antidepressivi e che andranno incontro a fenomeni di astinenza di durata molto superiore rispetto a quanto riconosciuto dalle linee guida. Partendo dal presupposto che i medici rispettino le indicazioni contenute in queste linee guida, saranno molti gli utilizzatori di antidepressivi che subiranno una valutazione inappropriata della loro reazione di astinenza; che, ad esempio, la vedranno classificata come ricaduta o come mancata risposta al trattamento, con la conseguenza di un rilancio della proposta di assunzione dello stesso antidepressivo, o di una sua sostituzione con un altro principio attivo, o di un aumento della dose. Questo tipo di scelte, se adottate abitualmente, possono aiutarci, in parte, a spiegare l’allungamento della durata di utilizzo, con il conseguente aumento del numero complessivo delle prescrizioni.

Dai dati dei sondaggi emerge chiaramente una crescente preoccupazione dei pazienti interessati riguardo al fatto che i medici siano portati fuori strada dalle attuali linee guida, in base alla sensazione che la loro reazione di astinenza non sia stata appropriatamente riconosciuta, valutata e gestita [Davies et al., 2018b, Cartwright et al., 2016]. Questo è stato anche confermato dai due più ampi sondaggi fino ad oggi eseguiti su questo tema, dai quali emerge che meno del 2% degli utilizzatori di antidepressivi ricordano di essere stati informati, da chi glielo prescriveva, degli effetti di astinenza, di dipendenza o delle possibili difficoltà nell’interrompere l’assunzione del farmaco. [Read, Cartwright et al., 2018; Read & Williams, 2018].

Alcuni testimoni diretti così si esprimono:

Non sono mai stato informato di tutti gli effetti collaterali, a breve o lungo termine… Se fossi stato pienamente informato, non avrei assunto il farmaco così a lungo, o non l’avrei assunto affatto

Non sono mai stato informato dai dottori degli effetti avversi a lungo termine o dell’insorgenza di fenomeni di dipendenza/tolleranza e ho dovuto sopportare sintomi di astinenza estremamente gravi mentre provavo ad interromperli” [Cartwright et al., 2016]

Un’ulteriore, e giustificata, preoccupazione riguardo la mancata consapevolezza sulle reazioni di astinenza da sospensione, da parte dei prescrittori, consiste nella possibilità di una mancata rivalutazione con i pazienti, dopo l’iniziale prescrizione. Un sondaggio online condotto su 752 utilizzatori del Regno Unito ha messo in luce che al 48% dei pazienti non era stata offerta, almeno ogni tre mesi, alcuna verifica circa l’andamento della terapia farmacologica, e che il 65% non aveva mai avuto l’occasione di parlare col proprio medico rispetto al se, o al come, interrompere il farmaco [Read, Gee et al., 2018].

 

5. LIMITAZIONI DELLO STUDIO

Il calcolo delle nostre stime non ha tenuto conto delle differenze tra i diversi tipi di antidepressivi (ad esempio, sul piano dell’emivita, che influenza i tempi di comparsa della reazione di astinenza); ciononostante, la Tabella 1 mostra che, negli studi inclusi nella nostra revisione, è rappresentata una vasta gamma di SSRIs.

Alcune limitazioni derivano dalle scelte metodologiche degli studi analizzati, che hanno di solito utilizzato periodi di trattamento di breve durata – 6 settimane [Tint et al., 2008], 8 settimane [Bogetto et al., 2002, Sir et al., 2005], 12 settimane [Naryan & Haddad, 2011] – con tempi di verifica limitati a 3 giorni [Himei & Okamura, 2006], a 14 giorni [Black et al., 1993], a 4 settimane [Bogetto et al., 2002], a 6 settimane [Zajecka et al., 1998] e a 12 settimane [RCPsych, 2012].

Dal momento che un trattamento farmacologico di breve durata riduce la probabilità di comparsa di una reazione di astinenza dopo sospensione [Eveleigh et al., 2017], e un breve periodo di follow-up porta inevitabilmente a non considerare i sintomi di astinenza che si presentano successivamente, questi vincoli temporali hanno probabilmente determinato una sottostima sia della durata che dell’incidenza delle reazioni di astinenza negli studi da noi analizzati: per questi motivi, le nostre stime sono prudenti.

Altre limitazioni riguardano i sondaggi online esaminati. I nostri risultati potrebbero aver risentito del fatto che le persone che vanno incontro a reazioni di astinenza possano essere più propense a partecipare a sondaggi su questi temi. Inoltre, nessuno degli studi prende in considerazione l’effetto nocebo (cioè l’aspettativa di stare peggio una volta interrotto il farmaco, che può generare effetti negativi, che possono essere scambiati per sintomi di astinenza). Nonostante non siamo stati in grado di misurare l’effetto nocebo, riteniamo che, se questo effetto c’è stato, esso abbia giocato un ruolo marginale, per via del tipo di sintomi di astinenza che abbiamo segnalato.

Le ricerche future avranno il compito di capire quanto il mancato riconoscimento di queste reazioni (che implica una riproposizione o una sostituzione del farmaco), abbia indotto un allungamento della durata delle terapie con antidepressivi dalla metà degli anni 2000. Se è vero che una durata di utilizzo più breve è associata a migliori esiti positivi, alla loro interruzione [Eveleigh et al., 2017], la prosecuzione a lungo termine del loro utilizzo rappresenta un problema molto rilevante. Oltre all’ovvio aumento dei costi economici, sono ben documentati i costi umani dell’utilizzo a lungo termine, in quanto esso appare legato ad un aumento degli effetti collaterali [Ferguson, 2001], ad una compromissione dei livelli di autonomia e resilienza (con una più spiccata dipendenza dal supporto medico) [Kendrick, 2015], ad un incremento ponderale [Gafoor, Booth, & Gulliford, 2018], ad un peggioramento degli esiti della terapia, per alcuni pazienti [Hengartner, Angst, & Rössler, 2018; Shea, 1992], ad esiti a lungo termine più sfavorevoli per il disturbo depressivo maggiore [Vittengl, 2017], ad un maggiore rischio di ricaduta [Viguera, 1998], ad una mortalità più elevata [Maslej et al., 2017] e ad un maggior rischio di sviluppare malattie neurodegenerative, come la demenza [Richardson et al., 2018].

Sarà inoltre importante stabilire a quanti pazienti sia stata presentata, prima dell’inizio della terapia, la possibilità di sviluppare reazioni di astinenza alla sospensione, per determinare quanto spesso e  con quanta accuratezza siano stati preavvisati del rischio di una reazione di astinenza; questo aspetto appare determinante nel processo decisionale del paziente, che lo porta ad accettare, o meno, il trattamento farmacologico proposto.

Infine, dal momento che le evidenze scientifiche qui riportate sulla severità, sull’incidenza e sulla durata delle reazioni di astinenza alla sospensione degli antidepressivi si discostano dalle linee guida, le ricerche del prossimo futuro dovranno rispondere nuovamente alla domanda relativa all’ipotesi che gli antidepressivi inducano dipendenza. Ciò è particolarmente importante in quanto recenti sondaggi riportano che molte persone in trattamento con antidepressivi dichiarano di esserne diventati dipendenti; per esempio, il 37% di un campione di 943 persone [Read & Williams, 2018] e il 27% di un campione di 1521 persone [Read et al., 2014].

In un campione di 493 utilizzatori di antidepressivi, il 57% si è detto d’accordo con l’affermazione “dopo aver assunto antidepressivi per un lungo periodo di tempo è difficile smettere di prenderli”, e il 56% ha riferito di essere d’accordo con la frase “il tuo corpo può diventare dipendente dagli antidepressivi” [Kessing, Hansen, Demyttenaere, et al., 2005].

Dal momento che la presenza di reazioni di astinenza è un criterio chiave per la dipendenza, la sottostima delle reazioni di astinenza indotte dagli antidepressivi può avere giocato un ruolo importante nella valutazione che è stata fatta, in passato, del rischio di indurre dipendenza degli antidepressivi.

 

6. CONCLUSIONI

Le ricerche disponibili indicano che le reazioni di astinenza alla sospensione di antidepressivi sono frequenti, con tassi di incidenza che variano dal 27% all’86% (media ponderata del 56%), e con quasi la metà (46%) di chi ne soffre che le definisce come ‘gravi’. La letteratura scientifica disponibile mette in evidenza, inoltre, che le attuali linee guida UK e USA hanno urgente bisogno di essere corrette, al fine di fondarle sulle evidenze emerse, che indicano che gli effetti di astinenza non sono lievi nè tendono ad estinguersi spontaneamente (solitamente, in 1-2 settimane): è dimostrato, infatti, che durano ben più a lungo di quanto ammettano le attuali linee guida. Di conseguenza, raccomandiamo che le linee guida di entrambi i paesi vengano urgentemente aggiornate, per aderire alle evidenze sulle reazioni di astinenza da antidepressivi. Come ulteriore raccomandazione, suggeriamo che venga presa in considerazione la possibilità di una valutazione indipendente dei processi in base ai quali le due organizzazioni arrivano a formulare le proprie indicazioni cliniche (ad es. la selezione dei componenti del comitato, i criteri della loro selezione, le verifiche previste sulla qualità della revisione effettuata). Suggeriamo, inoltre, di selezionare membri del comitato che siano indipendenti dalle aziende farmaceutiche e che, tra i membri, sia prevista la presenza di ‘esperti per esperienza’ (cioè utilizzatori di antidepressivi) e di professionisti della salute mentale di formazione non medica.

Dal momento che l’allungamento della durata del trattamento con antidepressivi ha portato ad una impennata del numero di prescrizioni, nello stesso periodo di tempo, è necessario comprendere cosa abbia condotto a questo allungamento della durata della terapia farmacologica. Gli studi da noi esaminati suggeriscono l’ipotesi che l’allungamento della terapia possa essere, almeno in parte, collegato alla sottovalutazione dell’incidenza, della severità e della durata delle reazioni di astinenza, che porta ad una diagnosi inappropriata di troppe reazioni di astinenza: esse vengono, ad esempio, scambiate per ricadute (con una reintroduzione del farmaco) o come mancate risposte al trattamento (con proposta di un nuovo farmaco e/o o di un aumento del dosaggio).

E’ urgente affrontare questo problema, in quanto l’utilizzo a lungo termine degli antidepressivi appare legato ad un aumento degli effetti collaterali; ad una compromissione dei livelli di autonomia e resilienza (con una più spiccata dipendenza dal supporto medico); ad un maggior rischio di incremento ponderale; ad un peggioramento degli esiti della terapia, per alcuni pazienti; ad un aumento dei tassi di ricaduta; ad una mortalità più elevata e ad un maggior rischio di sviluppare malattie neurodegenerative, come la demenza.

In sintesi, riteniamo sia molto preoccupante che i farmaci antidepressivi abitualmente prescritti provochino reazioni di astinenza spesso gravi e di lunga durata, e che ciò non venga riconosciuto dalle attuali linee guida e, di conseguenza, anche dai medici che li prescrivono. E’ fonte di ulteriore preoccupazione il fatto che un così ridotto riconoscimento della reazione di astinenza, alla sospensione degli antidepressivi, porti ad un aumento della durata della prescrizione di antidepressivi e, di conseguenza, ad un aumento complessivo del numero delle prescrizioni.

Conflitti d’interesse

Il professore John Read e il dottor James Davies non hanno conflitti di interesse da dichiarare.

 

 

Tabella 1

Titolo; Incidenza delle reazioni di astinenza alla sospensione degli antidepressivi

Elementi considerati (= colonne della Tabella 1):

– studio e suo finanziamento (DC= Aziende farmaceutiche; CI = conflitti di interesse, IND = Indipendente, ? = sconosciuto o privo di dichiarazione sui conflitti di interesse)

– antidepressivo valutato

– durata del trattamento

– sospensione brusca/graduale

– durata della verifica sulla comparsa delle reazioni

– incidenza delle reazioni

Tabella 2

Titolo: Severità degli effetti di astinenza

Elementi considerati (= colonne della Tabella 2):

– studio e suo finanziamento

– durata del trattamento

– tipo di scala di misurazione utilizzata

– percentuale che ha indicato il livello massimo di severità

Tabella 3

Titolo: Durata degli effetti di astinenza

Elementi considerati (= colonne della Tabella 3):

– studio e suo finanziamento

– antidepressivo valutato

– durata del trattamento

– sospensione brusca/graduale

– durata della verifica sulla comparsa delle reazioni

– numero dei partecipanti

– durata della reazione