Reazioni di astinenza dopo la sospensione degli antidepressivi – finalmente il vento sta cambiando
Hengartner MP, Davies J, Read J (2019) Antidepressant Withdrawal – the tide is finally turning. Epidemiology and Psychiatric Sciences 1-3. https://doi.org/10.1017/S2045796019000465 Traduzione a cura di Paola Sarno, Gianni Bigo e Giuseppe Tibaldi
Reazioni di astinenza dopo la sospensione degli antidepressivi – finalmente il vento sta cambiando.
di Michael P. Hengartner 1, James Davies 2,3 & John Read 4,5
1 Department of Applied Psychology, Zurich University of Applied Sciences, Zurich, Switzerland
2 Department of Life Sciences, University of Roehampton, London, UK and 3 All-Party Parliamentary Group for Prescribed Drug Dependence, London
4 School of Psychology, University of East London, London, UK and 5 International Institute for Psychiatric Drug Withdrawal, Gothemburg, Sweden
Riassunto
I sintomi di astinenza dopo la sospensione degli antidepressivi sono stati spesso trascurati o minimizzati. Sono dovuti passare quasi due decenni dall’entrata sul mercato degli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI), prima che venisse pubblicata la prima revisione sistematica. Ne sono seguite altre, che hanno dimostrato che la convinzione dominante – a lungo ritenuta legittima – che le reazioni di astinenza da sospensione siano per lo più lievi, che riguardino una bassa percentuale di persone e che tendano a risolversi spontaneamente nel giro di una o due settimane, era in contrasto con le evidenze scientifiche disponibili (poche, ma in costante crescita). Ciò che emerge dalla letteratura scientifica è perfettamente in linea con le migliaia di testimonianze di utenti dei servizi, disponibili nei forum online, e ci consente di affermare che i sintomi da astinenza dopo sospensione sono molto frequenti, che possono durare da poche settimane ad alcuni mesi, ed anche più a lungo, e che spesso sono gravi. Questi dati sono sempre più tenuti in adeguata considerazione dagli organismi e dalle società professionali ufficiali.
Come la maggior parte degli altri farmaci che agiscono sul sistema nervoso centrale, tra cui le benzodiazepine, l’alcool e l’eroina, gli antidepressivi inibitori della ricaptazione della serotonina (SSRI) possono causare reazioni di astinenza quando il farmaco viene interrotto, soprattutto dopo un uso prolungato (Nielsen et al., 2012; Chouinard and Chouinard, 2015). Inizialmente, ciò è stato riconosciuto ufficialmente, ma sminuito e ridotto a “sindrome da interruzione”, di scarsa rilevanza, da un comitato sponsorizzato da un’industria farmaceutica, alla fine degli anni Novanta, cioè circa 10 anni dopo che il primo SSRI – la fluoxetina – era stato approvato per il trattamento della depressione (Schatzberg et al., 1997). Da allora , le reazioni di astinenza dopo la sospensione sono state studiate e discusse sporadicamente nella letteratura scientifica (per esempio, da Rosembaum et al.,1998; Haddad, 2001; Baldwin et al., 2007). Tra i sintomi di astinenza più frequenti rientrano l’ansia, l’irritabilità, l’agitazione, la disforia, l’insonnia, il senso di debolezza, i tremori, la sudorazione, sensazioni simili a scosse elettriche (nel cervello), le parestesie, le vertigini, i capogiri, la nausea, il vomito, la confusione e la perdita della concentrazione (Fava et al., 2015). Nonostante studi clinici controllati e studi osservazionali abbiano dimostrato tassi notevolmente elevati di reazioni di astinenza che compaiono poco dopo la sospensione (Rosenbaum et al., 1998; Sir et al. 2005; Fava et al., 2007), la narrazione preferita dalla psichiatria accademica è sempre stata che questi problemi alla sospensione interessino solo una piccola minoranza di pazienti, che siano per lo più lievi e che tendano a risolversi nell’arco di una-due settimane (per esempio Burn e Baldwin, 2018). Questa è stata anche la posizione ufficiale sia dell’American Psychiatric Association (APA), sia del National Institute for Health and Care Exellence (NICE) e di molti fra i più eminenti psichiatri negli Stati Uniti e nel Regno Unito a partire dai primi anni 2000 (NICE, 2009; APA, 2010), anche se, come vedremo tra poco, tale posizione è recentemente cambiata, in quanto in contrasto con le evidenze scientifiche disponibili (Davies e Read, 2019; Davies et al., 2019; Horowitz e Taylor, 2019). Vogliamo infatti presentare ora quali siano le conclusioni e le implicazioni pratiche che si possono trarre dalle evidenze , limitate, ma di vitale importanza, che la letteratura scientifica ci offre.
La prima revisione sistematica sulle reazioni di astinenza dopo sospensione degli SSRI è stata pubblicata nel 2015 da Fava et al. (2015). Pochi anni dopo, Fava e colleghi hanno pubblicato anche una revisione sistematica sugli effetti della sospensione degli SNRI – inibitori della ricaptazione della serotonina-noradrenalina – (Fava et al., 2018). Altre due revisioni sono state pubblicate recentemente (Jha et al., 2018; Davies e Read, 2019). Queste 4 revisioni sistematiche concordano rispetto alla principale conclusione: che, cioé, l’incidenza di queste reazioni alla sospensione di SSRI sia decisamente frequente (tra il 30 e il 60% degli utilizzatori di antidepressivi quando tentano di interromperli), con variazioni che dipendono dalla metodologia o dai farmaci utilizzati. Gli studi clinici controllati randomizzati a breve termine, con partecipanti pre-selezionati, hanno prodotto, infatti, stime leggermente inferiori rispetto agli studi naturalistici più rappresentativi ed ai sondaggi che hanno arruolato molti utilizzatori a lungo termine. Sul piano dei farmaci presi in considerazione, è emerso, inoltre, che i farmaci con emivita breve sembrano causare più reazioni astinenziali rispetto ai farmaci con emivita lunga.
Vanno segnalati, tuttavia, anche alcuni punti di disaccordo tra queste quattro revisioni. Per esempio, Jha et al., (2018) hanno sostenuto che, nella stragrande maggioranza degli utenti, i sintomi di astinenza tendono ad estinguersi in 2-3 settimane. La loro revisione non è stata sistematica, ma selettiva nella letteratura citata – per esempio, è stato sottolineato che la loro affermazione circa le 2-3 settimane non solo era arbitraria, ma entrava apertamente in contrasto con gli stessi studi che essi hanno citato (Fava e Cosci, 2019; Hengartner et al., 2019). Le revisioni di Fava et al., (2015) e quella di Davies e Read (2019a) erano più in accordo, in quanto entrambe mettevano in evidenza che la durata dei sintomi astinenziali da sospensione è decisamente variabile, e va dalle poche settimane ai diversi mesi, fino a periodi molto più lunghi. Per esempio, in numerosi studi, che hanno utilizzato differenti metodologie, è emerso che la durata di queste reazioni da sospensione superavano le due settimane, nel 55% dei pazienti (Perahia et al., 2005), oppure le 12 settimane, nel 25% dei pazienti (RCPsych, 2012), oppure duravano per una media di 43 giorni (Narayan e Haddad, 2011). Durate superiori ad un anno sono segnalate dai dati, recenti, relativi a due campioni di persone che hanno sofferto di sintomi di astinenza: nel 38,6% dei casi (Davies at al., 2018), e per una durata media di 90,5 settimane (Stockman et al., 2018). In sintesi, l’affermazione secondo cui le reazioni astinenziali dopo la sospensione tendano ad estinguersi spontaneamente in 1-2 o 2-3 settimane, come indicato nelle linee guida di trattamento NICE e APA, e da Jha et al., (2018), entra in aperto conflitto con le attuali evidenze scientifiche.
Un altro punto di disaccordo riguarda l’incidenza di reazioni negative da sospensione nei casi in cui gli antidepressivi venivano ridotti in modo graduale. Mentre Jha et al. (2018) hanno concluso che le reazioni di astinenza si verificano soprattutto quando i farmaci vengono interrotti bruscamente, Fava e colleghi hanno sostenuto che anche le riduzioni graduali, ma nell’arco di poche settimane, non riescono a ridurre sostanzialmente il rischio di reazioni di questo tipo (Fava et al., 2015; Fava e Cosci, 2019). Questa seconda posizione ha ricevuto ulteriore sostegno da un recente articolo, pubblicato su Lancet Psychiatry, che ha messo in evidenza che le reazioni di astinenza alla sospensione possono verificarsi anche nel corso di lunghi periodi di riduzione graduale (Horowitz e Taylor, 2019). Infine, a differenza degli tre altri studi, la revisione di Davies e Read (2019a) ha valutato anche la gravità dei sintomi tipici di queste reazioni, mettendo in luce che poco meno della metà degli interessati (46%) valuta i propri sintomi di astinenza come gravi.
Alcuni dei commenti riguardanti queste revisioni sono degni di nota, ma, prima di entrare in alcune di queste controversie sulla sospensione degli antidepressivi, vogliamo innanzitutto sottolineare che, nel corso degli ultimi 20 anni, c’è stata una carenza di ricerca empirica su questo importante argomento. Come segnalato in precedenza, la prima revisione sistematica su questo tema risale al 2015. Ciò è davvero sorprendente, dato che i tassi di prescrizione sono costantemente aumentati negli ultimi 20 anni, a livelli allarmanti (Davies e Read, 2019a), tenendo conto che, nel solo periodo che va dal 2007 al 2014, sono state pubblicate almeno 200 meta-analisi sull’efficacia degli antidepressivi di nuova generazione, molte delle quali con il coinvolgimento diretto delle aziende farmaceutiche (Ebrahim et al., 2016). Anche se, recentemente, alcuni psichiatri inglesi abbiano sostenuto che il problema delle reazioni di astinenza dopo sospensione fosse da tempo tenuto in considerazione dal mondo della psichiatria (Jauhar et al., 2019), le ricerche coordinate sui possibili danni correlati all’interruzione degli antidepressivi non hanno certo rappresentato una priorità né per gli psichiatri universitari né per le aziende farmaceutiche.
La percezione dei problemi connessi alla sospensione degli antidepressivi, da parte dell’opinione pubblica e del mondo dei professionisti, è cambiata drasticamente da quando Davies e Read (2019a) hanno pubblicato la loro revisione sistematica. Oltre all’enorme copertura mediatica, in particolare nel Regno Unito, ci sono stati anche alcuni attacchi sorprendentemente virulenti sia ai risultati dello studio sia personalmente ai suoi autori, da parte di eminenti psichiatri britannici (Jauhar e Hayes, 2019; Jauhar et al.,2019). Tali attacchi contestavano i dati di incidenza e di gravità delle reazioni di astinenza, sostenendo che fossero esagerati. Inoltre, accusavano gli autori di essere prevenuti e troppo schierati. Le principali critiche dirette verso la revisione sistematica sono state smontate, dimostrandone le imprecisioni e il contenuto fuorviante (Davies e Read, 2019a; Hengartner, 2019). Per quanto riguarda poi le loro insinuazioni sui nostri “pregiudizi intellettuali”, la nostra obiezione è che avere un’opinione chiara, fondata sulle evidenze scientifiche, sia molto meno preoccupante dei pesanti conflitti d’interesse con le aziende farmaceutiche che vengono dichiarati nell’articolo di Jauhar et al. (2019).
La durata di utilizzo degli antidepressivi è costantemente aumentata nel corso degli anni (Huijbregts et al.,2017; Mars et al., 2017), mentre grandi percentuali di utenti dicono di sentirsi “dipendenti” da questi farmaci e vanno incontro a reazioni di astinenza, dopo la sospensione (Kessing et al.,2005); Read e Williams, 2018; Read et al., 2018). Inoltre, numerosi studi clinici, volti a valutare la sospensione di trattamenti di lunga durata hanno evidenziato l’insuccesso nel raggiungere l’obiettivo da parte della maggior parte dei pazienti, nonostante una riduzione lenta e graduale (Everleigh et al., 2018, Fava e Belaise, 2018). Ciononostante, la psichiatria universitaria si è a lungo aggrappata all’illusione che le reazioni astinenziali dopo sospensione degli antidepressivi fossero problemi poco rilevanti che interessavano solo una piccola minoranza dei pazienti e che tendevano ad estinguersi spontaneamente nell’arco di 1-2 settimane, nonostante una evidente assenza di evidenze scientifiche a sostegno (Hengartner and Ploderl, 2018; Davies e Read, 2019a).
Per queste ragioni abbiamo deciso di sollecitare gli organismi responsabili delle linee guida per il trattamento della depressione a rivedere le proprie raccomandazioni e a riconoscere che gravi reazioni di astinenza dopo una sospensione sono molto più frequenti di quanto si credesse in precedenza (Davies et al., 2019). E’ presumibile che ci siano milioni di persone, che usano antidepressivi da molto tempo, che hanno bisogno di aiuto: le difficoltà cui vanno incontro dopo l’interruzione di questi farmaci devono essere individuate e diagnosticate in modo appropriato. Attualmente, è probabile che i medici di medicina generale che fanno riferimento alle linee guida NICE non siano in grado diagnosticare appropriatamente le reazioni di astinenza di durata superiore alle 1-2 settimane, considerandole come segni di una ricomparsa della depressione; invece di offrire supporto per un processo di sospensione graduale (ma sempre personalizzato), possono essere indotti, in modo inappropriato, a riproporre tali farmaci o, addirittura, ad aumentarne il numero o le dosi.
Fortunatamente, il vento sta finalmente cambiando. Innanzitutto, il mondo dei professionisti ha iniziato a riconoscere che questi importanti problemi sono stati a lungo trascurati o minimizzati. Citiamo come esempio il fatto che, nel mese di maggio di quest’anno, il Royal College of Psychiatrists nel Regno Unito ha pubblicato una dichiarazione ufficiale, in cui si afferma che le forme gravi di queste reazioni di astinenza dopo sospensione degli antidepressivi devono essere appropriatamente riconosciuti (RCPsych., 2019). Due ricercatori in campo psichiatrico, con un’esperienza diretta, personale, di gravi effetti collaterali dopo la sospensione, hanno inoltre messo a punto un modello neurofarmacologico di riduzione graduale per mitigare l’intensità di tali reazioni astinenziali (Horowitz e Taylor, 2019), mentre un gruppo di lavoro olandese ha creato delle strisce di compresse (con dosaggi gradualmente più bassi – tapering strips) per aiutare le persone interessate a sospendere i farmaci in modo più sicuro (Groot e van Os, 2018). In secondo luogo, e forse più significativamente, il NICE, in risposta alle nuove evidenze scientifiche che abbiamo appena presentato, si è impegnato a rivedere la sua posizione, ferma da oltre 14 anni, secondo cui le reazioni di astinenza dopo sospensione degli antidepressivi sarebbe lieve e si estinguerebbe nell’arco di circa una settimana.
La nostra speranza è che questi progressi nel campo della ricerca e della pratica siano destinati, in prospettiva, a garantire benefici a milioni di utilizzatori di antidepressivi che hanno bisogno di aiuto. Nel settembre di quest’anno, ricercatori, clinici ed “esperti per esperienza” di 12 Paesi si riuniranno a Göteborg per un meeting dell’International Institute for Psychiatric Drug Withdrawal (http://www.iipdw.com), che si è da poco costituito. Ci sembra che sia il mondo universitario che quello dei clinici stiano finalmente iniziando a affrontare i problemi che, da tempo, la comunità internazionale, online, degli utilizzatori di antidepressivi, ha chiesto di prendere seriamente in considerazione (per esempio http://www.letstalkwithdrawal.com; https://www.survivingantidepressant.org ). Ben venga, quindi, che la psichiatria accademica, in misura sempre maggiore, stia finalmente recuperando il terreno perduto.
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Supporto finanziario: Nessuno
Conflitti d’interesse: Nessuno